[E’ l’Italia che parla....]
“…vorrei che tutti intraprendessero come ho fatto io un percorso a ritroso, un cammino di ricerca di se stessi e della propria storia, vorrei che imparassero a guardare anche indietro. Perché un popolo senza storia è un popolo senza identità. E anche se la storia è mostruosa, occorre ricordarla, e ricordarla proprio come è stata. Inutile aspettarsi di trovare solo cose buone. Più facilmente accadrà il contrario. Perché «la storia è un reato. L’uomo....
è il corpo di quel reato. L’analisi è il suo processo». […]. I miei popoli dovranno guardarsi allo specchio come ho fatto io. Senza aspettare di trovare soddisfazione per quello che vedranno, ma anche consapevoli che non vedranno solo brutture. Gli italiani devono cominciare ad amarsi, ad amare la loro storia, a contemplarla senza timori, a ripensarla nel bene e nel male. Ho bisogno che anche loro capiscano le mille bugie che sono state raccontate, imparino a leggere tra le righe, si riabituino a discernere il bene dal male, il falso dal vero. Smettano di vergognarsi per nulla e di gloriarsi per nulla. E soprattutto cessino di cercare altrove, spesso lontano, ciò che già posseggono perché lo possedevano. E anche se ora non ne sono più consapevoli, il fatto stesso che lo abbiano posseduto significa che possono possederlo ancora, che non hanno bisogno di andare a prestito da altri…”(cfr. Elena Bianchini Braglia, Risorgimento. Le radici della vergogna. Psicoanalisi dell’Italia, CSR Edizioni terra e Identità, Modena 2009, p. 259)
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